La storia del Palazzo

L’intero brano che segue è ricavato dalla scheda specifica dedicata al palazzo contenuta nell’Inventario dei Beni Culturali, Ambientali e Archeologici del Comune di Bergamo IBCAA. Tale documento, facente parte del Piano di Governo del Territorio PGT, è stato approvato il 23 maggio 2011 dalla stessa Amministrazione Comunale che un mese prima, ironia della sorte, ha deciso di mettere in vendita il Palazzo.

vista di Piazza Vecchia con evidenziato Palazzo Suardi

 
Il palazzo del Podestà Veneto, ora sede dell’Istituto universitario (lingue e letterature straniere – economia e commercio), conserva solo deboli traccedel suo antico splendore, dovuto soprattutto alla presenza di affreschi eseguiti nel 1477 da Donato Bramante.
 
Il palazzo, eretto nella prima metà delTrecento dalla famiglia Suardi, fu dall’inizio del dominio veneto (1428) sede del podestà, il nobile veneziano che a turno per circa sedici mesipresiedeva all’amministrazione della città; subì diverse trasformazioni, com’è visibile dalle tracce di antichi contorni di finestre che hanno unacadenza e un profilo del tutto differenti rispetto alle aperture attuali, tra le quali è tipica la trifora nella parte di destra.
La fronte decorata da Bramante è quella primitiva e senza il secondo piano, alzato più tardi. Gli affreschi, ritrovati nel 1927 e conservati in pochi frammenti nel palazzo della Ragione,fingevano tra le aperture a distanze irregolari del fronte un loggiato sorretto da pilastri e coperto da un soffitto piano a cassettoni; tra le finestre eranodipinte grandi figure di filosofi con motti di saggezza antica: è l’ingresso trionfale in Bergamo dello spirito umanistico e il primo grande modello inItalia di illusionismo prospettico applicato a un ambiente urbano. Il punto di vista principale era studiato rispetto a chi arrivasse in piazza da viaGombito, ch’era il percorso quasi obbligato di ogni forestiero: quella dilatazione spaziale doveva conferire alla sede del podestà un’autorevoleemergenza. Gli affreschi furono coperti in seguito con vari strati d’intonaco.¹
 
Posto fra l’antichissimo scalone monumentale che adduce al Palazzodella Ragione, ed il Teatro Sociale, questo edificio ha tutto un suo passato, ricco di memorie cittadine, che è doveroso ricordare. Già noto sotto ilnome di proprietà ex Zentilino Suardo, si parla di questo palazzo in un atto notarile del 1422 quando ne fecero acquisto i fratelli Avogadro e successivamente quando una porzione di tale proprietà venne da questi ceduta al Consorzio della Misericordia. Allorché il governo della Repubblica Veneta prese l’effettivo dominio della città e territorio di Bergamo, il 6 maggio 1428, si pensò agli alloggi dei funzionari che dovevano degnamente rappresentare il nuovo regime. La questione rivestiva una speciale importanza soprattutto perché la maggior parte dei magistrati preposti al buongoverno della città veniva scelta fra le più ragguardevoli famiglie del patriziato veneto, ed era consuetudine della Repubblica di alloggiare i suoi rappresentanti, con tutto il decoro, e possibilmente anche con lo sfarzo, che valessero in qualche modo a dare un alto concetto del potere presso isudditi. Fra tutte le autorità cittadine, si può dire che fino allora la peggiore sistemazione era stata quella del Podestà che abitava ancora nel palazzodei Suardo, e ciò da quando tale proprietà era passata in dominio del comune per incameramento avvenuto circa il 1296 a conclusione delle cruentilotte civili che avevano posto in lizza feroce fra di loro le più antiche e nobili casate bergamasche. Ed ecco che proprio viene scelta a nuova residenza del Podestà la casa posseduta in comune fra gli Avogadro e la Misericordia e nota comunemente con l’appellativo di “Zentilino Suardo”. Difatto la locazione di tale alloggio doveva essere a carico della cittadinanza, ma in quel tempo di assestamento e di riordino che doveva segnare il passaggio da una triste epoca di guerra e carestie, ad altra non meno agitata, forse il governo ritenne opportuno fare il più possibile da sé, ed in talequestione intervenne direttamente. I locali al piano superiore erano stati adibiti ad alloggio, quelli a terreno servivano per la Camera fiscale presieduta da un Camerlengo che assieme al Capitano ed al Podestà concorreva a formare il tribunale competente in materia erariale. Cosa fosse tale collegio giudicante è un poco difficile a stabilire se si riflette che i tre magistrati erano parti e giudici ad un tempo. Ancora al piano terreno stavano altri uffici poiché il Podestà, che con il Capitano personificava le cariche più elevate della provincia, aveva alle sue dipendenze un Vicario,ed un “Giudice alla ragione” per quanto attinente alla giudicatura in materia civile, ed il cosiddetto “Giudice al Maleficio” competente in materia criminale. A costoro bisogna poi aggiungere l’indispensabile Cancelliere ed un adeguato numero di praticanti che, anche in quel tempo, costituiva la bassa forza dell’esercito burocratico. Dal lato prospiciente la piazza, sempre a terreno, erano anche taluni locali affittati ad uso di botteghe. Se sitiene conto che secondo gli statuti veneti il Podestà ricopriva tale carica per la durata ordinaria di 16 mesi, facilmente si comprende o si spiega come egli cercasse quanto più possibile di rendere comoda e gradevole la sua temporanea dimora, fosse pure ciò condiscapito dei legittimi proprietari e del comune, forzati loro malgrado a fare buon viso a cattivo gioco.
 
Nel 1770 un grave incendio danneggiòseriamente il palazzo, e come troppo spesso avviene in casi simili, le opere di riattamento non fecero che maggiormente alterare la primitivastruttura. Ma un peggiore danno lo si ebbe nella parziale distruzione di tanti documenti e memorie di cui erano ricchi gli archivi allogati nei diversiuffici, e che oggi sarebbero prezioso materiale illustrativo per la storia di quei tempi.
 
Vediamo cos’è avvenuto di questo palazzo dopo la decadenza di Venezia. Quale prima conseguenza del nuovo stato di cose vennero calate le gloriose insegne che con grande gazzarra di popolo furono poisostituite dall’Albero della Libertà, e l’8 luglio dello stesso anno la intera provincia venne incorporata nella Repubblica Cisalpina. Cessata così ingloriosamente la carica di Podestà, il vecchio palazzo non ebbe più da ospitare un cittadino che avesse tale carica. Frattanto con decreto del 26 gennaio 1802 il governo repubblicano disponeva per l’organizzazione giudiziaria facendo obbligo ad ogni capoluogo di Dipartimento di istituire un Tribunale d’Appello. Conseguentemente il Prefetto del Dipartimento del Serio, chiedeva con insistenza alla Municipalità di Bergamo uno stabile, beninteso senza impegnarsi per questo a sostenere le relative spese di locazione. Dovendo quindi le medesime ricadere ancora sulla cittadinanza, si pensò di utilizzare l’ex palazzo Suardo, “hospitium comunis pergami”, e quasi tutto lo stabile già residenza del Podestà, che per la sua posizione era,  si può dire, la naturale continuazione dell’altro. Dall’estate del 1802 fino al 1926 e salvo alcuni spostamenti dovuti alle demolizioni occorse per lo sgombero dell’area assegnata poi al Teatro della Società, o dei Nobili, questo palazzo ospitò il Tribunale e cioè fino a quando questo non venne trasferito nella moderna sede appositamente costruita al centro di Piazza Dante in città bassa.
 
 
L’ex palazzo di Zentilino Suardo rimase nuovamente senza inquilini, e nel 1927 la Amministrazione comunale di Bergamo, iniziò i lavori di ripristino per offrire una sede al Museo di Storia Naturale,esistente al primo piano dell’ Istituto tecnico. Fu appunto durante le opere di restauro dell’antico palazzo podestarile, che vennero in luce gli affreschi ricordati da Marin Sanudo nel suo “Itinerario di terraferma” nel 1483, pitture pregevoli che Marcantonio Michiel nelle sue “Notizie d’opere del disegno”attribuisce a Donato Bramante (1444-1514) con un certo fondamento. Secondo le diverse fonti, gli affreschi di maggiore interesse dovevano trovarsi, non solamente sulla facciata, ma anche nell’interno del palazzo, così che le ricerche vennero opportunamente estese ai diversi vani in cui era stata trasformata la grande sala, ma con scarsi risultati, tanto che si ebbe a pensare che fossero definitivamente perduti. Invece durante i lavori del 1927,proprio sulla parte prospiciente la piazza, sotto diversi strati d’intonaco furono rivenuti bei frammenti degli affreschi attribuiti al Bramante, pitture chediversi autori assegnano al 1477, altri al 1486, sebbene la data comunemente accettata sia sempre quella del 1477, epoca del suo primo arrivo aMilano. L’intero ciclo pittorico, abilmente condotto, comprendeva le figure dei sette filosofi identificabili con i sette “savi” di Grecia. Fra costoro, le immagini meglio conservate rappresentano una “Chilone il lacedemone”, quello di cui son noti i celebri aforismi “Conosci te stesso”e “Nulla ditroppo”. L’altra ricorda “Epimenide”, sacerdote del culto musicale di Apollo e maestro di occulta sapienza, incerta figura che sta fra la storia e laleggenda. Quelle pitture erano dunque una pubblica lezione di antica saggezza per chi ne avesse voluto indagare pazientemente il significato, e sotto questo aspetto bisogna convenire che fossero in sede molto propria. I frammenti rinvenuti furono tutti abilmente recuperati e riportati sopra telai con cura e perizia da Mauro Pelliccioli, e poi collocati in un primo tempo ad ornare lo scalone di accesso al primo piano dello stesso edificio. Solo più tardi ne vennero rimossi per dare loro una più adeguata sistemazione nel grandioso salone del Palazzo della Ragione, anch’esso ricondotto al primitivo splendore.
 
Viste così in rapida successione le principali vicende di questo palazzo, possiamo ben dire che in esso si compendia tutto untesoro di storia, di memorie cittadine e di scienza, perpetuando in tal modo una gloriosa tradizione di pubblico decoro. Egli occupa quindimeritatamente il suo posto fra gli altri importanti monumenti che delimitano la grande Piazza Vecchia, quella piazza che, per i bergamaschi, non haeguale in tutto il mondo!²
 
1-Vanni Zanella, Bergamo Città, 2a edizione, Azienda Autonoma di Turismo, Bergamo 1977 (pag.80)
2- Tancredi Torri, Piazza Vecchia in Bergamo, Bolis, Bergamo 1964 (pag. 106-114)

3 risposte a La storia del Palazzo

  1. Anonimo ha detto:

    Importante è anche l’uso che ne farebbe un eventuale privato.
    Già si sentono voci sull’apertura di un negozio Chicco in città alta.
    Un cordiale saluto.

  2. leandro locatelli ha detto:

    va bene mantenere pubblica la proprietà di palazzo suardi, ma trovo altrettanto necessario renderne effettivamente fruibile la visita a cittadini bergamaschi e turisti. In caso contrario si fatica a capire di cosa si sta parlando. Io, bergamasco da 58 anni, ho sempre visto solo l’esterno.

    • Gentile Signor Leandro,
      condividiamo in pieno la sua osservazione. Negli utlimi decenni il palazzo ha ospitato una delle sedi dell’Università di Bergamo. Proprio adesso che l’Ateneo ha deciso di liberare l’edificio si aprono le molte possibilità di utilizzo pubblico che lei auspica: un’espansione della biblioteca Mai, spazi al servizio del teatro sociale, una futura espansione del Museo dell Città e così via. E’ chiaro che la preservazione pubblica dell’immobile è conditio sine qua non per tutti gli sviluppi futuri e per la auspicabile accessibilità agli spazi interni.
      Cordiali saluti

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